giovedì 15 ottobre 2009

Un caso concreto: SM (3)

CONCLUSIONI
Per quanto riguarda il Metodo, dal caso SM si può ricavare questa serie di idee e suggerimenti:

1) è opportuno restare sempre aperti all'acquisizione di nuovi dettagli personologici relativi all'allievo. Il test valutativo di ingresso è uno strumento utile, ma va affinato e, comunque, completato dall'osservazione diretta ed "umana" che solo un insegnante in carne ed ossa può assicurare;

2) è importante che l'insegnante verifichi il proprio atteggiamento mentale verso gli alunni. Infatti, l'insegnante che guarderà al proprio allievo con interesse ed intelligenza sarà in grado di diminuire i suoi sforzi, perché, del proprio allievo, riuscirà a capire molte cose utili per svolgere meglio la propria funzione (tra cui, i tratti personali positivi/negativi non rilevati sufficientemente dal test d'ingresso);

3) è importante far percepire all'allievo la presenza e il funzionamento inconscio delle convinzioni autolimitative che possono abbassare il rendimento, per disinnescarle insieme. Alcune di tali convinzioni sono:
a) l'idea che non si abbia molto da imparare (presunzione generale),
b) l'idea che ci possano essere informazioni e dati trascurabili (nei nostri corsi non c'è nulla di superfluo e pleonastico: ogni dettaglio è essenziale) (diffidenza e selettività autoreferenziale),
c) l'idea che la perfezione sia inutile, sia un lusso (minimalismo),
d) l'idea che non si abbia la capacità di raggiungere la perfezione (pessimismo),
e) l'idea di non meritare un miglioramento personale, o di non meritare di far bella figura per prestazioni di tipo intellettuale (disfunzione del senso etico).
Basta una di queste idee per ridurre l'efficienza della propria intelligenza e/o della propria memoria.

Da ultimo, vorrei puntualizzare un aspetto capitale.
Bisogna ricordare ciclicamente all'allievo di non lasciare campo agli atteggiamenti passivi, di non attendersi di imparare davvero senza una sua collaborazione reale ed "interna", che, cioè, parta dall'interno di sé. Le lezioni non devono essere vissute come cappotti o come etichette, applicati dall'esterno e che restino all'esterno. Se qualcuno vuole imparare una lingua, deve faticare (anche) lui, non (solo) il suo insegnante. Neppure da bambini si impara passivamente: si gioca con i suoni sentiti, si prova a combinare le prime frasi, ovvero ci si esercita. Il bambino non sa di essere molto attento e attivo, ma lo è comunque. Non basta lasciarsi esposti ad una lezione, ad un insegnante, per immagazzinare dentro di sé una lingua. Per ora, le lingue non si imparano con un'iniezione (fatta, magari, mentre si è anestetizzati...). Assistere ad una serie di lezioni come una "bambola di pezza" è come iscriversi ad una palestra e frequentarla solo per chiacchierare e fare conoscenze: migliorerà la vita sociale, non la forma fisica...
Un metodo serve davvero a molto: serve a rendere più efficiente lo sforzo fatto, più veloce l'apprendimento, meno pesante l'impegno, ma non è in grado di eradicare la (esaltante) fatica della conoscenza.

mercoledì 14 ottobre 2009

Un caso concreto: SM (2)

LA SPIEGAZIONE
Come mai una persona apparentemente normale e padrona dei propri sentimenti poteva apparire tanto rallentata e confusa dal punto di vista mentale? Come mai tanta distrazione, incapacità a fissare dei ricordi e a fissarsi sulla materia scelta dall'allievo stesso? SM, avendo la possibilità di parlare liberamente con l'insegnante, gli fece venire il dubbio che ciò che rendeva il nostro Metodo tanto inefficace (o SM tanto improduttivo...) potesse essere un'ansia e una preoccupazione sotterranee, riguardanti la perdita del suo lavoro. Non fu così immediato intuire tale "meccanismo", poiché SM si mostrava sempre molto sereno. Di fatto, a SM scappò anche questa affermazione rivelatrice: "Ma sì... Si deve fare qualsiasi cosa per uscire di casa, per evitare di ammattire... Mi riempio di cose da fare...". Al di là della sua mimica (sempre sorridente, scherzosa, mentre pronunciò tali frasi), iniziava ad apparire plausibile il dubbio che SM avesse deciso di studiare l'inglese in piena autonomia e liberamente (era, quindi, automotivato), ma per un fine sbagliato e cioè estraneo alla giusta motivazione che deve spingere un allievo a studiare una lingua (era, quindi, un automotivato dismotivato). In pratica, SM si applicava all'inglese solo per avere un impegno in più, per tenere occupata la mente, per distrarsi dal dramma della sua disoccupazione. Non era, cioè, molto interessato ad imparare la lingua. E le motivazioni disfunzionali (o dismotivazioni) si risolvono sempre in qualcosa di molto simile alla mancanza di motivazioni (o demotivazione), quanto al risultato concreto. E questo succede, anche perché il dismotivato che si sforza di fuggire da un problema mette proprio il suo problema al centro delle preoccupazioni personali, anche se relegandolo al livello inconscio. Il suo inconscio diventa la custodia del problema, anzi il "pentolone" dove quel problema si incontra, scontra e ricombina con gli altri problemi precedenti, dando luogo a nuove "misture", non sempre gradevoli. Se in una minestrone aggiungo un ingrediente inaspettato, posso ottenere un capolavoro gastronomico, ma posso anche rovinare definitivamente la ricetta... SM aveva rovinato tutta la sua capacità di apprendimento, nascondendo agli altri e a sé stesso non tanto il problema lavorativo in sé (ne parlava), ma la pesantezza, la paura e il dolore che gli provocava la questione lavorativa. Esternare, esprimere anche emotivamente (non solo descrittivamente e razionalmente) le proprie sensazioni è importante. Semplificando con una metafora, la fuga dai problemi diventa spesso un ricollocamento degli stessi nella cantina dell'inconscio. Ma la cantina dell'inconscio - come ogni cantina - non può contenere qualsiasi cosa: ha una sua dimensione, oltre la quale non si possono aggiungere altre cose. Sennò dalla porta della cantina inizieranno a fuoriuscire tutte le cose che volevamo nascondere. E' quando la cantina... "scoppia". Bisogna imparare ad affrontare i problemi. Usando questo sistema, si soffre di più, ma solo all'inizio...
(continua...)

venerdì 9 ottobre 2009

Un caso concreto: SM (1)

LA SITUAZIONE DI PARTENZA
SM è un uomo di circa 40 anni, con una certa conoscenza dell'inglese:
- pronuncia non buona (suoni approssimati, omissione di suoni fondamentali per il significato della frase (desinenze) anche in lettura)
- vocabolario mentale ridotto,
- scarse capacità inferenziali (deduzioni erronee del significato di una parola ignota o della funzione logica di un costrutto grammaticale sconosciuto)
- capacità ortografiche discrete,
- grammatica scarsa.
In realtà, ha una competenza/conoscenza grammaticale scarsa anche nella propria lingua madre (italiano), il che, comunque, non gli impedisce di esprimersi normalmente su svariati ambiti. Ovviamente, in L1 ha il vantaggio di un vocabolario mentale molto più ricco e di una pronuncia migliore. La capacità di esprimersi correttamente e correntemente non si verifica con l'inglese ed egli vuole impararlo bene, una volta per tutte, per motivi di lavoro (appare come automotivato, quindi: scelta personale, non imposizione diretta di un "capo"). Dal punto di vista mentale è certo che non segua cura alcuna, non sia mai stato assistito dai Servizi Sociali, abbia una vita e una intelligenza sostanzialmente normali, avendo anche svolto diversi lavori, compreso quello di "project manager". Sottolineamo queste caratteristiche mentali in riferimento a ciò che segue e a scanso di equivoci.

L'EVOLUZIONE
SM frequenta con fedeltà e puntualità le lezioni, che sono più numerose di quanto si usi proporre: 5 volte a settimana. A casa non ripassa, né studia (peraltro, non gli viene richiesto). Gli si presentano letture inerenti il motivo per cui ha chiesto di seguire il corso (temi legati al mondo del commercio/affari). Da tali letture gli si spiegano termini nuovi e regole grammaticali. Si fanno esercizi facilitati di comprensione uditiva. Ciononostante:
- dimentica le parole nuove (significato e/o pronuncia) , anche quando spiegate pochi istanti prima,
- a volte non percepisce la differenza di suoni tra la pronuncia dell'insegnante e la sua;
- non riconosce una certa regola o una certa situazione grammatico-sintattica se viene presentata in contesti diversi (questa scarsa elasticità lo ha portato a riscrivere più di una regola per più di una volta nel suo taccuino, senza ricordare/accorgersi che l' aveva già incontrata e ne aveva già ricevuto e trascritto la spiegazione),
- sembra come "incantarsi" nei suoi processi logici, quando c'è un eccesso di somiglianza formale (al livello lessicale): per molte volte (e in giorni diversi) confuse la traduzione delle seguenti frasi: "Who am I speaking to? / Who is speaking?",
- spesso inizia le lezioni parlando della perdita del lavoro (sottraendo alla lezione, anche 30 minuti),
- accorgendosi di non avere dei risultati, SM pensa di proporre testi alternativi a quelli del percorso "standard", su cui allenarsi ed imparare. L'insegnante si adegua, ma il risultato - o meglio la mancanza di esso - non cambia.
(continua...)