domenica 1 febbraio 2009

Favorire lo sblocco

Vediamo alcune delle procedure più corrette per aiutare lo sblocco dell'alunno nell'uso orale di una L2 in pubblico, elaborate dal Metodo Helix 4.

A) L'ambiente in cui si svolge la lezione

1. Pareti, arredi e illuminazione devono tendere ai colori giallo, ambra, arancione, che è dimostrato avere un certo effetto antidepressivo e rassicurante

B) Procedure per l'insegnate (che deve fare un apposito allenamento per eseguirle senza pensarci: devono diventare parte di sé e non risultare uno sforzo o una benigna concessione verso l'allievo)

1. Si deve presentare un volto sorridente, cosa che spesso induce nell'altro reazioni positive inconsapevoli di rilassamento e fiduciosità.

2. Non correggere in continuazione. Finché l'allievo non abbia superato il suo blocco, tollerare una certa approssimazione dei risultati. La correzione deve attivarsi solo per errori gravi: quelli, cioè, che producono equivoci nella frase concreta e specifica (non si deve correggere ad ogni costo, se quel certo errore in quella determinata frase non creerebbe problemi di comprensione ad un madrelingua in ascolto).

3. La correzione deve sempre dare all'errore (e, per conseguenza, a chi l'ha commesso) il ruolo positivo di chiarire ancor meglio qualche aspetto di L2, in modo che l'errore stesso sia percepito come un'occasione provvidenziale per approfondire qualche dettaglio della lingua e non come un grave incidente o uno stimolo per riversare sull'alunno le proprie rabbie e frustrazioni.

4. Nel caso l'allievo presenti un senso di scoraggiamento (senza che arrivi a ipotizzare necessariamente l'intenzione di lasciar perdere lo studio), chiedergli alla fine della lezione di fermarsi un attimo. Quindi, a tu per tu, raccontargli di una propria difficoltà linguistica, successivamente risolta. Non si deve parlare di costanza o forza di volontà, per non suggerire - neppure inconsciamente - l'idea che egli non si stia applicando e neppure che sembri che non si stia applicando. Si deve solo raccontare l'episodio e salutare l'alunno, senza ulteriori commenti. Questo comportamento, in genere, attiva nell'inconscio dell'interlocutore delle reazioni "autoterapeutiche".

5. Non deridere gli errori (e tanto meno chi li ha commessi). Non utilizzare il sistema dell'umiliazione, che, nell'insicuro, aumenta sempre la gravità del blocco.

6. Chiedere all'allievo, a tu per tu, cosa farebbe lui se fosse l'insegnante per ridurre in qualcun altro quel blocco da cui è affetto l'allievo stesso. Chiedergli, cioè, di ragionare "in terza posizione". A volte, escono idee e suggerimenti validi (e, quindi, da conservare a beneficio del Metodo stesso e degli altri insegnanti). In ogni caso, questa procedura aiuta sempre la relazione allievo/insegnante e facilita la riduzione dei blocchi. Anche se la risposta dell'allievo contenesse elementi esagerati, per esempio di tipo autopunitivo, non dare delle valutazioni (neppure con finalità consolatorie), ma semplicemente ascoltare e, infine, ringraziare per i suggerimenti.

7. Quando l'allievo riesce a produrre un risultato corretto, non mancare mai di sottolinearlo con un semplice: "(Molto) Bene!/Bravo!/Continui a fare progressi!/...". Il tono dev'essere convinto, sentito. Non è utile rimarcare di più il risultato, per non indurre l'impressione che esso sia qualcosa di eccezionale, quasi che non ce lo si aspettasse dall'alunno. Per lo stesso motivo, al posto di: "Stai facendo progressi" è migliore l'espressione: "Continui a...".

8. Non far alzare nessuno dalla propria sedia per leggere/parlare.

9. Le prime 3 lezioni possono utilizzare il sistema della "pronuncia corale". Questa diventerà sempre più rara fino a scomparire del tutto. La pronuncia corale può essere utilizzata anche dopo le prime lezioni se si valuta che possa essere utile, ma sempre con la stessa modalità (3 volte di seguito e poi via via diradandola). Durante la pronuncia corale, si verifichi - senza farlo notare - se l'allievo/gli allievi "timidi" acquisiscano spontaneamente una vocalità normale. Si segni tale particolare, che potrà essere utilizzato in qualche breve dialogo a tu per tu, non come rimprovero ma per fargli capire che sono già in grado di pronunciare L2 con una voce normale.

10. Se l'allievo produce suoni a volume ridotto e/o con voce tremula (per la timidezza e non per disturbi organici), non farglielo mai notare: dopo un po' passerà da solo, a mano a mano che prenderà confidenza con l'ambiente e che si sarà usata la procedura B)9.. Situazione diversa è quella in cui il volume è tanto basso (o, comunque, i suoni sono tanto confusi) da non permettere la valutazione del risultato. In tal caso, si attenderà per 4 lezioni senza alcuna reazione. Dopodiché, se tale comportamento persiste, si agirà secondo la procedura B)9. Se non avviene alcuno sblocco, si usi la procedura B)4. e in seguito, se è ancora il caso, con la B)6..

C) Procedure per l'allievo (da suggerire prima che inizi il corso)

1. Leggere l'opuscolo della nostra serie "Consigli per il tuo prossimo viaggio di esplorazione...". Ce n'è uno specifico per ogni L2. In esso si troverà pure un CD, da ascoltarsi secondo le istruzioni, ed un DVD.

La paura di provarci...

Uno dei problemi di chi impara una L2 è pronunciare le parole/frasi di fronte ad altri. Ci sono persone che non hanno la forza di parlare/leggere ad alta voce con più persone e questo è un grave ostacolo al completamento di qualsiasi corso di lingue, visto che una lingua - come suggerisce la parola stessa - è soprattutto un atto comunicativo orale ("orale" deriva dal genitivo latino "oris" che significa "(della) bocca" e nella bocca c'è la "lingua"...). So di persone laureate in lingue straniere e che le insegnano pure, che non sanno comunicare oralmente in tali lingue. E non tanto perché non conoscano molte parole a memoria o non sappiano applicare rapidamente le regole grammatico-sintattiche. In effetti, hanno queste capacità, ma di fronte ad un madrelingua si bloccano, così come facevano di fronte al loro insegnante. E' chiaro che chi non si abitua a pronunciare spesso una certa lingua non riuscirà neppure ad acquisire una buona correttezza e scorrevolezza nella produzione dei suoi suoni. Perché, dunque, questo "blocco"? Sostanzialmente, perché si ha paura del giudizio dell'altro e, in fondo, si vive il timore di non venire accettati. Si capisce, allora, come il problema psicologico che sta dietro a tale blocco sia ben più vasto e profondo e non possa essere risolto da un metodo glottodidattico. Ciononostante, un buon metodo deve porsi il problema e fornire strumenti capaci di minimizzare l'insicurezza di fondo, perlomeno dal suo limitato, ben definito punto di vista.