venerdì 4 dicembre 2009

Quanto è importante la prosodia

La prosodia è qualcosa di invisibile, eppure di essenziale:

1) per la comprensibilità del parlato - e cioè per evitare che l'ascoltatore straniero debba confessare di non capire un'acca della sua lingua quando viene parlata da noi (a volte, lo studente che ha imparato una lingua straniera si offende e non riesce a credere a tali affermazioni, ma non è una forma di scortesia o di razzismo: spesso, per lo straniero che ci ascolta, è la pura verità...) - e

2) per la sua giusta interpretazione "fine" - e cioè per evitare che l'ascoltatore straniero capisca la nostra frase come una domanda, mentre voleva essere un'affermazione.

In ogni lingua ci sono elementi che vanno al di là dei singoli suoni - rappresentati da lettere o segni vari. Sono elementi meno facili da notare perché raramente hanno una qualche forma di visualizzazione/trascrizione e, in Occidente, si tende - erroneamente - a ritenere che ciò che non si vede non esista.

Per esempio, ci sono delle tempistiche precise nel "recitare" le sillabe di ogni parola: alcune sillabe sono brevi, altre lunghe. Questo aspetto di ritmo e durata non ha sempre una sua "segnaletica" grafica - per esempio, l'italiano non ce l'ha. Cionondimeno, è essenziale imparare i giusti schemi ritmici di una lingua per evitare di essere incomprensibili. Provate ad ascoltare un Filippino o un Cinese che abbiano imparato a produrre i giusti suoni, ma non con la giusta tempistica. Il vostro orecchio verrà depistato ed accadrà qualcosa di singolare: riconoscerete i suoni, ma non le parole. Insomma, non recepirete il significato. L'italiano vi sembrerà una lingua estera. Sentirete un guazzabuglio quasi inestricabile, del tipo: "Per mette Dio tenere fe tedi pa neto stato morbi de edora te inunun icoci clodico tu ra", al posto di: "Permette di ottenere fette di pane tostato morbide e dorate in un unico ciclo di cottura".

Ma esistono ancora altri parametri affinché la propria pronuncia risulti totalmente compatibile con le procedure di decodificazione e comprensione del parlato da parte dell'ascoltatore.

C'è, per esempio il parametro dell'intonazione. Esso è un "effetto" di tipo melodico o "musicale" prodotto dalla variazione dell'altezza dei suoni durante la pronuncia delle parole di una lingua. In molte lingue a diversa intonazione corrispondono diverse funzioni grammaticali o diversi significati. In italiano, ad esempio, l'intonazione consente solo di distinguere una frase affermativa ("Sei un amico") da una frase interrogativa ("Sei un amico?") ed ha una propria segnaletica corrispondente (punto fermo o esclamativo e punto interrogativo). In altre lingue questa distinzione viene resa con l'aggiunta di una modificazione dell'ordine delle parole (come ad esempio nell'inglese: "You are a friend / Are you a friend?"), pur possedendo anche un codice grafico uguale all'italiano. Per lo straniero, è importante imparare a replicare le intonazioni giuste per evitare spiacevoli incomprensioni (per fare un esempio italiano, avrei voluto affermare che mi sei amico e, invece, lo dico in un modo che mette in dubbio il fatto, perché mi "esce" una domanda...).

C'è, infine, l'accentuazione di parola che permette la messa in rilievo di una delle sillabe che la compongono (c'è differenza tra "àncora" e "ancòra"). La messa in rilievo può essere realizzata:

a) attraverso il rafforzamento dell'intensità (accento dinamico o espiratorio) o

b) con un aumento dell'altezza della voce (accento musicale).

Ogni lingua li possiede entrambi, ma uno tende solitamente a prevalere sull'altro, così che, mentre nel greco classico abbiamo un accento prevalentemente musicale, nel latino si è verificato il contrario.

Riguardo all'accento, c'è da notare che una frase viene letta tutta d'un fiato come una "superparola", o quasi. Generalmente, non si dice: "Posso / Portarle / Il / Conto / O / Lo / Vuole / Più / Tardi?", ma si dice: "Possoportarleilconto olovuolepiutardi?". Ebbene, proprio perché le parole non si pronunciano come unità isolate, ma a blocchi, spesso c'è un "superaccento" dell'intera frase o di tutto un blocco su una parola o due - e quindi su pochissimi concetti - che sono i più importanti. Lo studente di una lingua, per risultare comprensibile, dovrà imparare queste accentuazioni.

Inoltre, dovrà tenere conto che per alcune lingue certe enfasi devono essere date da accentuazione e parole specifiche, mentre in altre lingue possono essere date solo dall'accentuazione: per tradurre "Sei proprio tu!" in inglese, dovremo sfruttare solo la voce, ossia l'accentuazione, e - graficamente - il maiuscolo (o il corsivo), perché l'inglese non possiede la parola "proprio" nel senso richiesto dalla frase in esame. Quindi: "It's YOU!"...

Tutte queste caratteristiche del parlato (e dei codici grafici corrispondenti, quando ci sono...), prese insieme, costituiscono la prosodia di una lingua.

La prosodia è ciò che ci fa percepire come dei nativi, dei madrelingua, non la pronuncia dei singoli suoni. Tant'è vero che spesso, per problemi traumatici o congeniti, ci possono essere persone che non riescono a produrre correttamente i suoni (c'è chi ha la "r" moscia, chi non riesce a fare la "s" o chi ha altri difetti di pronuncia), ma che, ciononostante, vengono presi ugualmente per italiani e non per francesi, ad esempio. La prosodia è l'inflessione, la cadenza tipica di una data lingua e può essere riprodotta al di là dei suoni che si o che non si utilizzano. C'è un "modo" inglese di parlare l'italiano, nel senso che posso fare anche i suoni giusti dell'italiano (proprio giusti, con la "t" debole e non esplosa, ecc.), ma con una "accento" britannico, per cui sarò riconoscibile come inglese, anche in un colloquio brevissimo!

Nel nostro Metodo, c'è una fase propedeutica, in cui si cerca di impegnare tutta l'attenzione dell'allievo su questi aspetti "raffinati" della produzione linguistica, in cui si cerca di indurre l'allievo a percepire e riprodurre la cadenza, la prosodia della nuova lingua, al di là dei contenuti.

Il bambino impara la prosodia della sua lingua ascoltandone gli "schemi sonori" nel ventre della madre, prima di poter capire.

Tra l'altro, ascoltare il parlato tra i forti rumori del torrente circolatorio ed attutiti dai liquidi e dai tessuti dell'organismo materno non può aiutare l'apprendimento dei suoni della lingua, perché arrivano indistinti, ma aiuta solo l'apprendimento dell'intonazione, degli accenti, della tempistica e della "musicalità" di una certa lingua.

sabato 28 novembre 2009

Alla ricerca delle pronuncia perfetta

Scrivere in L2 e riconoscerne gli scritti è importante perché oggi la comunicazione scritta è molto più utilizzata di un tempo (SMS, segnaletica e cartelloni vari, e-mail, maggior diffusione di libri/giornali, uso dei sottotitoli in TV, ecc.).

Ciononostante, resta importantissima la pronuncia, perché la comunicazione umana si effettua in modo più naturale attraverso il parlare.

Ecco che, allora, è fondamentale avere una buona pronuncia.

Spesso le lingue possiedono lettere graficamente uguali e da ciò si può essere indotti all'erronea convinzione che anche i suoni corrispettivi siano uguali.

In realtà la "T" di un Tedesco non ha molto a che fare con la "T" di un Italiano. Inoltre, tali "T" sono diverse dalla "T" di un Inglese. Ma l'occhio rileva sempre una stessa forma, uno stesso carattere...

In alcuni casi, la lieve differenza (lieve secondo quale scala e secondo chi?...) di una stessa lettera tra due lingue può essere importantissima in una delle due. Per esempio, all'orecchio di un Inglese la "P" letta da un Italiano suona sempre come "B", dato che gli Inglesi sono abituati a considerare "P" solo un suono che sia chiaramente "esploso". Ora, se vi arrischiate a sostituire con una "B" tutte le "P" presenti (anzi "bresenti"...) in una lingua, produrrete ("brodurrete"...) un effetto fastidioso nel madrelingua e non è escluso che diciate parole (anzi, "barole"...) diverse da quelle che volevate dire, con conseguenze ... "imbrevedibili"... Per esemplificare in italiano, c'è una bella differenza tra il fatto che io mi metta a "pelare" - magari delle patate - o mi metta a "belare" come una pecora...

Per questo, nel nostro Metodo si fa vedere la forma scritta delle parole solo dopo averle ascoltate più volte ed aver prodotto una buona approssimazione dei giusti suoni da parte dell'allievo. Infatti, senza le forme grafiche - e cioè lo scritto - la mente è meno "legata" e può percepire i suoni come realmente sono, senza ridurli agli schemi fonetici già noti. In ogni caso, la parte più razionale della mente viene coinvolta lo stesso, attraverso spiegazioni dettagliate di come produrre correttamente i vari suoni (posizionamento e dinamica delle varie parti dell'apparato fonatorio). Tali indicazioni fonologiche vengono fornite durante i primi tentativi di imitazione da parte dell'alunno. In tali spiegazioni si evita la comparazione con terze lingue.

mercoledì 25 novembre 2009

La frasi "frullate"...

Una nostra tecnica di apprendimento piuttosto curiosa, ma efficace, porta:
a) all'affinamento della comprensione del parlato,
b) alla memorizzazione dei costrutti e degli schemi sintattici,
c) alla memorizzazione di parole nuove.
Ci stiamo riferendo al "Gioco delle Frasi Frullate"

In tale tipo di esercizio, ci si avvale di un nostro programma che contiene la registrazione di diversi brani, spezzettati in frasi. Tali letture vengono poi segmentate per singole parole.
L'allievo non deve fare altro che:
1) scegliere frasi di suo gradimento e commisurate al suo livello e alla sua ambientazione, servendosi anche del titolo/argomento di ciascuna lettura ovvero ciascun blocco di frasi (prendiamo ad esempio la lettura della frase: "Today is a nice day"),
2) ascoltarle quante volte vuole (in realtà il programma non consente la ripetizione per più di 7 volte) abbassando la velocità e modulando l'equalizzazione per tentare di capire le eventuali parole nuove o poco chiare,
3) avviare la fase di "frullatura" e riascoltare la frase scombinata in modo casuale, parola per parola; in questa fase appare il testo scritto, anche in italiano (riprendendo l'esempio, si potrà sentir leggere e visualizzare: "Day / is / today / nice / a"),
4) spostare con il "mouse" le parole scombinate del testo fino a ricomporre tutta la frase nell'ordine corretto (quindi alla parola "day" - udita e visualizzata - si assegnerà la quinta posizione e cioè si "trascinerà" lo scritto al quinto posto, in fondo alla frase), a "is" si dovrà assegnare la seconda posizione, ecc.),
5) chiedere al programma la verifica della ricostruzione, avviando:
a) la lettura della frase seguendo le istruzioni posizionali fornite dall'utente sullo schermo e
b) la registrazione originale per la comparazione.
Entrambe le letture saranno prive del corrispondente testo scritto.

Il programma tiene conto delle frasi ricostruite in modo sbagliato e le ripropone dopo aver proposto tutte le frasi che compongono quel dato brano.

Ad ogni frase ricostruita appropriatamente c'è un effetto audiovisivo gratificante, come pure al termine della ricostruzione corretta di tutto il brano.

giovedì 15 ottobre 2009

Un caso concreto: SM (3)

CONCLUSIONI
Per quanto riguarda il Metodo, dal caso SM si può ricavare questa serie di idee e suggerimenti:

1) è opportuno restare sempre aperti all'acquisizione di nuovi dettagli personologici relativi all'allievo. Il test valutativo di ingresso è uno strumento utile, ma va affinato e, comunque, completato dall'osservazione diretta ed "umana" che solo un insegnante in carne ed ossa può assicurare;

2) è importante che l'insegnante verifichi il proprio atteggiamento mentale verso gli alunni. Infatti, l'insegnante che guarderà al proprio allievo con interesse ed intelligenza sarà in grado di diminuire i suoi sforzi, perché, del proprio allievo, riuscirà a capire molte cose utili per svolgere meglio la propria funzione (tra cui, i tratti personali positivi/negativi non rilevati sufficientemente dal test d'ingresso);

3) è importante far percepire all'allievo la presenza e il funzionamento inconscio delle convinzioni autolimitative che possono abbassare il rendimento, per disinnescarle insieme. Alcune di tali convinzioni sono:
a) l'idea che non si abbia molto da imparare (presunzione generale),
b) l'idea che ci possano essere informazioni e dati trascurabili (nei nostri corsi non c'è nulla di superfluo e pleonastico: ogni dettaglio è essenziale) (diffidenza e selettività autoreferenziale),
c) l'idea che la perfezione sia inutile, sia un lusso (minimalismo),
d) l'idea che non si abbia la capacità di raggiungere la perfezione (pessimismo),
e) l'idea di non meritare un miglioramento personale, o di non meritare di far bella figura per prestazioni di tipo intellettuale (disfunzione del senso etico).
Basta una di queste idee per ridurre l'efficienza della propria intelligenza e/o della propria memoria.

Da ultimo, vorrei puntualizzare un aspetto capitale.
Bisogna ricordare ciclicamente all'allievo di non lasciare campo agli atteggiamenti passivi, di non attendersi di imparare davvero senza una sua collaborazione reale ed "interna", che, cioè, parta dall'interno di sé. Le lezioni non devono essere vissute come cappotti o come etichette, applicati dall'esterno e che restino all'esterno. Se qualcuno vuole imparare una lingua, deve faticare (anche) lui, non (solo) il suo insegnante. Neppure da bambini si impara passivamente: si gioca con i suoni sentiti, si prova a combinare le prime frasi, ovvero ci si esercita. Il bambino non sa di essere molto attento e attivo, ma lo è comunque. Non basta lasciarsi esposti ad una lezione, ad un insegnante, per immagazzinare dentro di sé una lingua. Per ora, le lingue non si imparano con un'iniezione (fatta, magari, mentre si è anestetizzati...). Assistere ad una serie di lezioni come una "bambola di pezza" è come iscriversi ad una palestra e frequentarla solo per chiacchierare e fare conoscenze: migliorerà la vita sociale, non la forma fisica...
Un metodo serve davvero a molto: serve a rendere più efficiente lo sforzo fatto, più veloce l'apprendimento, meno pesante l'impegno, ma non è in grado di eradicare la (esaltante) fatica della conoscenza.

mercoledì 14 ottobre 2009

Un caso concreto: SM (2)

LA SPIEGAZIONE
Come mai una persona apparentemente normale e padrona dei propri sentimenti poteva apparire tanto rallentata e confusa dal punto di vista mentale? Come mai tanta distrazione, incapacità a fissare dei ricordi e a fissarsi sulla materia scelta dall'allievo stesso? SM, avendo la possibilità di parlare liberamente con l'insegnante, gli fece venire il dubbio che ciò che rendeva il nostro Metodo tanto inefficace (o SM tanto improduttivo...) potesse essere un'ansia e una preoccupazione sotterranee, riguardanti la perdita del suo lavoro. Non fu così immediato intuire tale "meccanismo", poiché SM si mostrava sempre molto sereno. Di fatto, a SM scappò anche questa affermazione rivelatrice: "Ma sì... Si deve fare qualsiasi cosa per uscire di casa, per evitare di ammattire... Mi riempio di cose da fare...". Al di là della sua mimica (sempre sorridente, scherzosa, mentre pronunciò tali frasi), iniziava ad apparire plausibile il dubbio che SM avesse deciso di studiare l'inglese in piena autonomia e liberamente (era, quindi, automotivato), ma per un fine sbagliato e cioè estraneo alla giusta motivazione che deve spingere un allievo a studiare una lingua (era, quindi, un automotivato dismotivato). In pratica, SM si applicava all'inglese solo per avere un impegno in più, per tenere occupata la mente, per distrarsi dal dramma della sua disoccupazione. Non era, cioè, molto interessato ad imparare la lingua. E le motivazioni disfunzionali (o dismotivazioni) si risolvono sempre in qualcosa di molto simile alla mancanza di motivazioni (o demotivazione), quanto al risultato concreto. E questo succede, anche perché il dismotivato che si sforza di fuggire da un problema mette proprio il suo problema al centro delle preoccupazioni personali, anche se relegandolo al livello inconscio. Il suo inconscio diventa la custodia del problema, anzi il "pentolone" dove quel problema si incontra, scontra e ricombina con gli altri problemi precedenti, dando luogo a nuove "misture", non sempre gradevoli. Se in una minestrone aggiungo un ingrediente inaspettato, posso ottenere un capolavoro gastronomico, ma posso anche rovinare definitivamente la ricetta... SM aveva rovinato tutta la sua capacità di apprendimento, nascondendo agli altri e a sé stesso non tanto il problema lavorativo in sé (ne parlava), ma la pesantezza, la paura e il dolore che gli provocava la questione lavorativa. Esternare, esprimere anche emotivamente (non solo descrittivamente e razionalmente) le proprie sensazioni è importante. Semplificando con una metafora, la fuga dai problemi diventa spesso un ricollocamento degli stessi nella cantina dell'inconscio. Ma la cantina dell'inconscio - come ogni cantina - non può contenere qualsiasi cosa: ha una sua dimensione, oltre la quale non si possono aggiungere altre cose. Sennò dalla porta della cantina inizieranno a fuoriuscire tutte le cose che volevamo nascondere. E' quando la cantina... "scoppia". Bisogna imparare ad affrontare i problemi. Usando questo sistema, si soffre di più, ma solo all'inizio...
(continua...)

venerdì 9 ottobre 2009

Un caso concreto: SM (1)

LA SITUAZIONE DI PARTENZA
SM è un uomo di circa 40 anni, con una certa conoscenza dell'inglese:
- pronuncia non buona (suoni approssimati, omissione di suoni fondamentali per il significato della frase (desinenze) anche in lettura)
- vocabolario mentale ridotto,
- scarse capacità inferenziali (deduzioni erronee del significato di una parola ignota o della funzione logica di un costrutto grammaticale sconosciuto)
- capacità ortografiche discrete,
- grammatica scarsa.
In realtà, ha una competenza/conoscenza grammaticale scarsa anche nella propria lingua madre (italiano), il che, comunque, non gli impedisce di esprimersi normalmente su svariati ambiti. Ovviamente, in L1 ha il vantaggio di un vocabolario mentale molto più ricco e di una pronuncia migliore. La capacità di esprimersi correttamente e correntemente non si verifica con l'inglese ed egli vuole impararlo bene, una volta per tutte, per motivi di lavoro (appare come automotivato, quindi: scelta personale, non imposizione diretta di un "capo"). Dal punto di vista mentale è certo che non segua cura alcuna, non sia mai stato assistito dai Servizi Sociali, abbia una vita e una intelligenza sostanzialmente normali, avendo anche svolto diversi lavori, compreso quello di "project manager". Sottolineamo queste caratteristiche mentali in riferimento a ciò che segue e a scanso di equivoci.

L'EVOLUZIONE
SM frequenta con fedeltà e puntualità le lezioni, che sono più numerose di quanto si usi proporre: 5 volte a settimana. A casa non ripassa, né studia (peraltro, non gli viene richiesto). Gli si presentano letture inerenti il motivo per cui ha chiesto di seguire il corso (temi legati al mondo del commercio/affari). Da tali letture gli si spiegano termini nuovi e regole grammaticali. Si fanno esercizi facilitati di comprensione uditiva. Ciononostante:
- dimentica le parole nuove (significato e/o pronuncia) , anche quando spiegate pochi istanti prima,
- a volte non percepisce la differenza di suoni tra la pronuncia dell'insegnante e la sua;
- non riconosce una certa regola o una certa situazione grammatico-sintattica se viene presentata in contesti diversi (questa scarsa elasticità lo ha portato a riscrivere più di una regola per più di una volta nel suo taccuino, senza ricordare/accorgersi che l' aveva già incontrata e ne aveva già ricevuto e trascritto la spiegazione),
- sembra come "incantarsi" nei suoi processi logici, quando c'è un eccesso di somiglianza formale (al livello lessicale): per molte volte (e in giorni diversi) confuse la traduzione delle seguenti frasi: "Who am I speaking to? / Who is speaking?",
- spesso inizia le lezioni parlando della perdita del lavoro (sottraendo alla lezione, anche 30 minuti),
- accorgendosi di non avere dei risultati, SM pensa di proporre testi alternativi a quelli del percorso "standard", su cui allenarsi ed imparare. L'insegnante si adegua, ma il risultato - o meglio la mancanza di esso - non cambia.
(continua...)

mercoledì 4 marzo 2009

La musica

Mentre si ascolta una brano musicale il cervello viene indotto ad acuire la propria sensibilità al ritmo e alle sonorità. Ora, stando queste alla base di ogni lingua, è necessario utilizzare la musica stessa come "procedura" o "tecnica" di apprendimento linguistico. Le informazioni e i dati linguistici inseriti con, attraverso e in un brano di musica appaiono più persistenti e facili da ricordare.

Ecco, allora, una serie di CD/MP3 creati dal Metodo Helix 4 con brani che:
- pur presentando sempre gli stessi "set" di informazioni e dati linguistici (a seconda dell'ambientazione prescelta), li offrono in e con brani di stili diversi, perché ognuno possa ripassare la stessa lezione seguendo l'umore del momento, o più semplicemente il suo genere preferito. Esistono, infatti, brani in stile gregoriano (tipo Enigma), in stile New Age pseudoceltico (tipo Enya, Loreena McKennitt), in stile rinascimentale, in vario stile "rock" (compreso "trance");
- i brani possono presentare i dati seguendo diverse modalità:
a) parola L2, parola corrispettiva L1, ancora la stessa parola L2 e poi, via con un'altra. Tutte le parole di uno stesso brano devono essere legate fra loro da qualche ragione: assonanza, omogeneità di significati, somiglianze e qualsiasi ripetitività;
b) schema inverso a quello in a);
c) solo parole L2.

NOTA:
è importante usare sia cadenze ritmate (quelle sincopate tengono più alta l'attenzione mentre quelle regolari aiutano il ricordo automatico), sia la rima.

Lo specchio

Una delle difficoltà a parlare una lingua straniera è causata dall'inconsapevole convinzione di non potere (o addirittura di non dovere) produrre suoni "estranei". Altrimenti, si è "finti", o "strani", "pazzi", ridicoli... Tale convinzione può essere stata assimilata - anche erroneamente - in maniera e per ragioni sconosciute nell'arco della propria vita. In altre parole, può succedere che il nostro inconscio fraintenda certe stimolazioni a cui siamo stati sottoposti e che, al di là delle intenzioni dei nostri educatori, noi abbiamo accettato - o, diremmo quasi, "prodotto" - un comando sempre "acceso" che riduce, limita le nostre reali capacità. Un modo piuttosto semplice per indurre il superamento di un tale comando autoimposto ed inconsapevole, un metodo efficace è quello dello specchiamento.

Lo specchiamento è una procedura molto coinvolgente. L'allievo si trova davanti ad uno specchio apposito, su cui ci sia spazio per l'immagine sua e di alcune scritte (che possono apparire con stratagemmi vari - per esempio, su uno schermo "incastonato" nello specchio - nella metà superiore dello specchio, di lato rispetto all'altezza del volto; lo schermo dev'essere a sinistra dell'osservatore se l'allievo è destrimane, a destra se mancino). Quindi con un apposito comando l'allievo fa comparire una serie di parole/frasi che vengono anche riprodotte. L'allievo deve ripeterle guardandosi allo specchio - anche diverse volte - e atteggiandosi da vero attore per riprodurre un'immagine dinamica di sé stesso in versione non più L1, bensì L2. In questo modo, l'inconscio dell'allievo inizierà a lavorare per l'allievo stesso, internalizzando una nuova immagine di lui, provvedendo a costruire una sua nuova immagine, che gli permetterà di sentire L2 come parte di sé più facilmente.

NOTE:
1. per le prime volte è bene che l'insegnante sia di fianco all'allievo per insegnargli a "divertirsi" con questa tecnica e ad utilizzarla nel modo più proficuo (la "recitazione" deve tendere alla perfezione e alla cura dei dettagli: tono di voce, sguardo, postura e gestualità...);
2. lo specchiamento può essere abbinato a certe procedure ed esercizi come il gioco dell'attore e il gioco del finto straniero (cfr.);
3. lo specchiamento è davvero efficace se fatto prima di addormentarsi. In tal caso, si può usare uno specchio abbastanza grande, mettendo alle proprie spalle uno schermo collegato ad un lettore DVD/computer in cui si sia inserito il DVD delle serie ideate per questo tipo di esercitazione dal Metodo Helix 4. In tali DVD le scritte sono registrate anche in modo speculare perché possano apparire diritte sullo specchio.

domenica 1 febbraio 2009

Favorire lo sblocco

Vediamo alcune delle procedure più corrette per aiutare lo sblocco dell'alunno nell'uso orale di una L2 in pubblico, elaborate dal Metodo Helix 4.

A) L'ambiente in cui si svolge la lezione

1. Pareti, arredi e illuminazione devono tendere ai colori giallo, ambra, arancione, che è dimostrato avere un certo effetto antidepressivo e rassicurante

B) Procedure per l'insegnate (che deve fare un apposito allenamento per eseguirle senza pensarci: devono diventare parte di sé e non risultare uno sforzo o una benigna concessione verso l'allievo)

1. Si deve presentare un volto sorridente, cosa che spesso induce nell'altro reazioni positive inconsapevoli di rilassamento e fiduciosità.

2. Non correggere in continuazione. Finché l'allievo non abbia superato il suo blocco, tollerare una certa approssimazione dei risultati. La correzione deve attivarsi solo per errori gravi: quelli, cioè, che producono equivoci nella frase concreta e specifica (non si deve correggere ad ogni costo, se quel certo errore in quella determinata frase non creerebbe problemi di comprensione ad un madrelingua in ascolto).

3. La correzione deve sempre dare all'errore (e, per conseguenza, a chi l'ha commesso) il ruolo positivo di chiarire ancor meglio qualche aspetto di L2, in modo che l'errore stesso sia percepito come un'occasione provvidenziale per approfondire qualche dettaglio della lingua e non come un grave incidente o uno stimolo per riversare sull'alunno le proprie rabbie e frustrazioni.

4. Nel caso l'allievo presenti un senso di scoraggiamento (senza che arrivi a ipotizzare necessariamente l'intenzione di lasciar perdere lo studio), chiedergli alla fine della lezione di fermarsi un attimo. Quindi, a tu per tu, raccontargli di una propria difficoltà linguistica, successivamente risolta. Non si deve parlare di costanza o forza di volontà, per non suggerire - neppure inconsciamente - l'idea che egli non si stia applicando e neppure che sembri che non si stia applicando. Si deve solo raccontare l'episodio e salutare l'alunno, senza ulteriori commenti. Questo comportamento, in genere, attiva nell'inconscio dell'interlocutore delle reazioni "autoterapeutiche".

5. Non deridere gli errori (e tanto meno chi li ha commessi). Non utilizzare il sistema dell'umiliazione, che, nell'insicuro, aumenta sempre la gravità del blocco.

6. Chiedere all'allievo, a tu per tu, cosa farebbe lui se fosse l'insegnante per ridurre in qualcun altro quel blocco da cui è affetto l'allievo stesso. Chiedergli, cioè, di ragionare "in terza posizione". A volte, escono idee e suggerimenti validi (e, quindi, da conservare a beneficio del Metodo stesso e degli altri insegnanti). In ogni caso, questa procedura aiuta sempre la relazione allievo/insegnante e facilita la riduzione dei blocchi. Anche se la risposta dell'allievo contenesse elementi esagerati, per esempio di tipo autopunitivo, non dare delle valutazioni (neppure con finalità consolatorie), ma semplicemente ascoltare e, infine, ringraziare per i suggerimenti.

7. Quando l'allievo riesce a produrre un risultato corretto, non mancare mai di sottolinearlo con un semplice: "(Molto) Bene!/Bravo!/Continui a fare progressi!/...". Il tono dev'essere convinto, sentito. Non è utile rimarcare di più il risultato, per non indurre l'impressione che esso sia qualcosa di eccezionale, quasi che non ce lo si aspettasse dall'alunno. Per lo stesso motivo, al posto di: "Stai facendo progressi" è migliore l'espressione: "Continui a...".

8. Non far alzare nessuno dalla propria sedia per leggere/parlare.

9. Le prime 3 lezioni possono utilizzare il sistema della "pronuncia corale". Questa diventerà sempre più rara fino a scomparire del tutto. La pronuncia corale può essere utilizzata anche dopo le prime lezioni se si valuta che possa essere utile, ma sempre con la stessa modalità (3 volte di seguito e poi via via diradandola). Durante la pronuncia corale, si verifichi - senza farlo notare - se l'allievo/gli allievi "timidi" acquisiscano spontaneamente una vocalità normale. Si segni tale particolare, che potrà essere utilizzato in qualche breve dialogo a tu per tu, non come rimprovero ma per fargli capire che sono già in grado di pronunciare L2 con una voce normale.

10. Se l'allievo produce suoni a volume ridotto e/o con voce tremula (per la timidezza e non per disturbi organici), non farglielo mai notare: dopo un po' passerà da solo, a mano a mano che prenderà confidenza con l'ambiente e che si sarà usata la procedura B)9.. Situazione diversa è quella in cui il volume è tanto basso (o, comunque, i suoni sono tanto confusi) da non permettere la valutazione del risultato. In tal caso, si attenderà per 4 lezioni senza alcuna reazione. Dopodiché, se tale comportamento persiste, si agirà secondo la procedura B)9. Se non avviene alcuno sblocco, si usi la procedura B)4. e in seguito, se è ancora il caso, con la B)6..

C) Procedure per l'allievo (da suggerire prima che inizi il corso)

1. Leggere l'opuscolo della nostra serie "Consigli per il tuo prossimo viaggio di esplorazione...". Ce n'è uno specifico per ogni L2. In esso si troverà pure un CD, da ascoltarsi secondo le istruzioni, ed un DVD.

La paura di provarci...

Uno dei problemi di chi impara una L2 è pronunciare le parole/frasi di fronte ad altri. Ci sono persone che non hanno la forza di parlare/leggere ad alta voce con più persone e questo è un grave ostacolo al completamento di qualsiasi corso di lingue, visto che una lingua - come suggerisce la parola stessa - è soprattutto un atto comunicativo orale ("orale" deriva dal genitivo latino "oris" che significa "(della) bocca" e nella bocca c'è la "lingua"...). So di persone laureate in lingue straniere e che le insegnano pure, che non sanno comunicare oralmente in tali lingue. E non tanto perché non conoscano molte parole a memoria o non sappiano applicare rapidamente le regole grammatico-sintattiche. In effetti, hanno queste capacità, ma di fronte ad un madrelingua si bloccano, così come facevano di fronte al loro insegnante. E' chiaro che chi non si abitua a pronunciare spesso una certa lingua non riuscirà neppure ad acquisire una buona correttezza e scorrevolezza nella produzione dei suoi suoni. Perché, dunque, questo "blocco"? Sostanzialmente, perché si ha paura del giudizio dell'altro e, in fondo, si vive il timore di non venire accettati. Si capisce, allora, come il problema psicologico che sta dietro a tale blocco sia ben più vasto e profondo e non possa essere risolto da un metodo glottodidattico. Ciononostante, un buon metodo deve porsi il problema e fornire strumenti capaci di minimizzare l'insicurezza di fondo, perlomeno dal suo limitato, ben definito punto di vista.

sabato 10 gennaio 2009

Tecnologia e apprendimento

Un discorso specifico merita la creazione di "software" originale e perfettamente integrato nel Metodo Helix 4. Nel nostro Metodo non è essenziale (gli "infanti" imparano ancor oggi la loro lingua perfettamente senza il computer e prima di sapere solo cosa esso sia...), sebbene possa aiutare di parecchio l'apprendimento di un adulto. Ma dipende molto dal tipo di adulto. Non tutti hanno ancora dimestichezza con certi mezzi. E alcuni stanno sviluppando un "rigetto", un specie di allergia psicologica, ai mezzi tecnologici, studiata dalla psichiatria contemporanea. Ad ogni modo, è evidente che la tecnologia offra la possibilità di sviluppare in parte la multisensorialità richiesta dal nostro Metodo, ma soprattutto possa aiutare a fissare sempre meglio il ricordo di quanto appreso, tramite "giochi" scadenzati, che, cioè, si "accendano", si presentino automaticamente sul "computer", sul telefonino, ecc. a intervalli di tempo ottimali e predefiniti. Queste attività scadenzate possono far riutilizzare all'allievo il materiale precedentemente spiegato tra una lezione e l'altra. In breve, si può aiutare la sua costanza nello studio e facilitare la comparsa di risultati apprezzabili dall'allievo stesso, il che aumenterà la sua spinta motivazionale a proseguire in modo attivo ed efficiente. I nostri "software" multimediali - facoltativi (e da eliminare nel caso di persone "allergiche" e insofferenti di questi sistemi) - sono di due tipi: 1. "software" per la presentazione (usato dall'insegnante durante le lezioni) e 2. "software" di appoggio (usato dal singolo allievo, al di fuori della lezione). Il secondo tipo può risiedere in diversi "contenitori", a seconda delle preferenze dell'allievo. Per esempio:
- può essere stabilmente presente su Internet (se l'allievo ha l'abitudine a navigare tutti i giorni),
- può funzionare tramite la posta elettronica (se l'allievo consulta prevalentemente la posta elettronica),
- può funzionare in versione adatta agli IPod.
Invece, è necessario che l'allievo riceva un testo e un CD audio (o equivalenti, come i vari tipi di lettori MP3) che lo guideranno nella pronuncia e nel ripasso. Il canale uditivo (e, quando possibile, anche multimediale) viene utilizzato anche per sfruttare l'apprendimento per via subliminale.